IL FALO' DELLA GIOEBIA

Ultimo giovedì di gennaio

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La tradizione della Gioebia
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INTRODUZIONE

La tradizione della Giöbia si tramanda da secoli e affonda le proprie origini nella notte dei tempi. Bisogna precisare che la Giöbia non è una tipica tradizione marnatese in quanto importata dai comuni vicini anche se risulta diffusa in tutto il varesotto.

In calce vengono riportate due ricette: Risotu cont a luganiga e Polenta e Brusciti classici piatti consumanti nella sera della GIÖBIA.

 

LE ORIGINI

L'ultimo giovedì di gennaio, è il giorno, anzi la notte della Giöbia. Incerta è l'origine del nome per la mancanza di fonti scritte. Alcuni sostengono che esso derivi dal culto alla divinità di Giunone (da qui il nome Joviana). Altri ancora lo ricollegano a Giove, giovedì: il nome deriverebbe dal dio latino "Jupiter-Jovis", da cui l'aggettivo Giovia e quindi Giöbia per indicare le feste contadine di inizio anno per propiziare le forze della natura che, secondo la credenza popolare, condizionano l'andamento dei raccolti. Il periodo della festa coincide con le Ferie Sementine .

 

LA LEGGENDA

La Giöbia è una strega, spesso magra, con le gambe molto lunghe e le calze rosse. Vive nei boschi e grazie alle sue lunghe gambe, non mette mai piede a terra, ma si sposta di albero in albero. Così osserva tutti quelli che entrano nel bosco e li fa spaventare, soprattutto i bambini. E l’ultimo giovedì di gennaio va alla ricerca di qualche bambino da mangiare. Ma una mamma, che voleva molto bene al suo bambino, le tese una trappola. Preparò una gran pentola piena di risotto giallo (zafferano) con la luganiga (salsiccia), e lo mise sulla finestra. Il profumo era delizioso, da far venire l’acquolina in bocca. La Giöbia sentì il buon odore e corse verso la pentola e cominciò a mangiare il risotto. Il risotto era tanto ma era così buono, che la Giöbia non si accorse che stava per arrivare il sole. Il sole uccide le streghe, così il bambino fu salvo.

 

LA TRADIZIONE

La sera dell’ultimo giovedì di gennaio vengono costruite con stracci e paglia delle Giöbie con sembianze femminili. Nella tradizione i fantocci indossano mutandoni di pizzo, delle calze rosse, un grembiule ed il capo coperto da un fazzoletto. Le Giöbie venivano portate in grandi cortili o sulle piazze per essere bruciate e esorcizzare la fine dell’inverno e l’inizio dei lavori nei campi. Una volta che il fantoccio era arso dalle fiamme, il rogo continuava ad accompagnare la festa popolare alimentato da fascine di rubinia e fusti secchi di granoturco, cioè fasci di “rubinia” e di "maragasc".

La Giöbia era un’occasione per cenare in comunità o in famiglia "cunt' uI luganaghen", il salamino, cotto nella brace e nella cenere del camino, oppure , presso i gruppi più poveri, "cunt' ul saràcu", cioè con la popolare saracca; immancabile era sulle mense "ul pangiàldu", cioè il tradizionale pane alto lombardo impastato con farina di grano e granoturco.

 

LA TRADIZIONE MARNATESE

Nel nostro comune l’ultimo giovedì di Gennaio era tradizione fare “ul scenèn di donn”. Le donne si riunivano tra amiche per fare “ul scenèn” cena a base di risotto e luganiga.

La Giöbia trova assonanza con un’altra tipica tradizione marnatese che si svolgeva la sera del Sabato Grasso. Durante questa serata veniva bruciato nei cortili o negli angoli del paese il CARNEVALE, un fantoccio fatto con vecchi vestiti. Il falò era un momento di aggregazione e di felicità per tutti i bambini che in coro cantano “AL VA AL VA AL VA UL CARNEVAL ...”

Risotu cont a luganiga

 

In una pignata d’aluminiu sa fa dislenguà ul butèr e, par chi ca ga piàs, a scigùla e u ai. Sa ciapa a luganiga e la sa sfraguia un po dentar in dul cundimentu. Ul resto dentar a tucheti. Dentar ul ris, mes bicèr da ven, brodu da chel bon (no chel da dadu!) e po trusà cont ul cugià da legn!

 

Traduzione: In una pentola di alluminio si fa sciogliere del burro e, per chi piace, si fa soffrigere cipolla ed aglio. Si prende la lüganiga e la si sgrana nel condimento. Il resto, invece, si butta dentro a pezzetti. Dentro il riso, mezzo bicchiere di vino, brodo di quello buono (non di dado!) e poi mescolare con il cucchiaio di legno!

 

Polenta e brusciti

 

Ingredienti: polpa reale, tampetto, fustello, cappello del prete di manzo, burro, pancetta o lardo, pepe, sale, aglio, polenta con farina macinata grossa.

Preparazione: tagliare e sminuzzare a filo di coltello la carne a pezzetti grossi. In una pentola di grosso spessore mettere i brusciti a freddo con cinquanta grammi di burro per ogni chilo di carne. Aggiungere qualche pezzetto di pancetta (non affumicata) fino a circa un etto per due o tre chili di brusciti. Sale giusto, pepe discretissimo.

Al posto della pancetta si puo’ adoperare una pestata di lardo,diminuendo naturalmente la dose di burro. Un sacchetto di garza ben chiuso con dentro mezzo cucchino di “erbabona” per ogni chilo va messo subito in mezzo alla carne.

Nel sacchetto può essere aggiunta una punta di aglio.

Porli sul fuoco a fiamma bassissima e incoperchiarli subito con sopra due pesi. Cuocerli sempre a fuoco basso per due o tre ore.

Se manca liquido bisogna aggiungere solo burro mai brodo. Se sono troppo bagnati scoprirli per poco tempo.Quando la cottura e’ prossima alla fine togliere il sacchetto degli odori e mettere a fuoco allegro un bicchiere di vino robusto: Barolo, Barbera, Barbaresco.

Nel frattempo a parte si e’ preparata nel tradizionale paiolo di rame una buona polenta con farina macinata grossa, da servire appena cotta.